Philip K. Dick - Se vi pare che questo mondo sia brutto
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- Book:Se vi pare che questo mondo sia brutto
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- Year:2010
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Se vi pare che questo mondo sia brutto: summary, description and annotation
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Titolo dell'opera originale
brani da THE SHIFTING REALITIES OF PHILIP K. DICK
1995, by Lawrence Sutin and The Estate of Philip K. Dick,
published in agreement with the author, e/o Baror
International Inc., Armonk, New York, Usa
Traduzione dall'inglese di GIANNI PANNOFINO
Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano
Prima edizione integrale in "InterZone" marzo 1997
Prima edizione nell"'Universale Economica" marzo 1999
ISBN 8 8-07-81546-X
L'androide e l'umano (1972)
una tipica tendenza della cosiddetta mente primitiva quella di attribuire un'anima all'ambiente circostante. La moderna psicologia del profondo per anni ci ha chiesto di liberare da queste proiezioni antropomorfiche quella che in effetti la realt inanimata, per introiettare - cio per riportare nella nostra testa - la qualit
vivente che noi, nella nostra ignoranza, gettiamo sulle cose inerti che ci circondano. Tale introiezione
ritenuta il segno della vera maturazione dell'individuo, nonch il tratto caratteristico della civilt di contro alla mera cultura sociale, caratteristica invece delle societ tribali. Si ritiene che un nativo dell'Africa veda l'ambiente circostante animato da un fine, pulsante di una vita che in realt dentro di lui; una volta abbandonate queste infantili proiezioni, egli vede che il mondo morto e che la vita patrimonio esclusivamente suo. Quando giunge a questo grado di sottigliezza, viene considerato maturo o sano. O
razionale. Ma viene da domandarsi: in questo processo, per, non si finisce per reificare - cio ridurre a cose
- anche le persone? Per lui le pietre, le montagne e gli alberi possono essere inanimati; ma i suoi amici?
Tratta forse anche loro alla stregua di pietre?
Questo, a dire il vero, un problema psicologico. E comunque credo che la soluzione sia meno importante di quel che si potrebbe pensare, perch nel corso del decennio passato abbiamo osservato un'evoluzione - non prevista dagli psicologi pi seri n da altri - che ridimensiona notevolmente tale problema. Il nostro ambiente, cio il mondo di macchine, strutture artificiali, computer, dispositivi elettronici, componenti di interconnessione omeostatici costruiti dall'uomo, comincia in effetti a essere, e sempre pi sar, dotato di ci
che gli psicologi temono sia attribuito al mondo esterno da parte dell'uomo primitivo: l'anima. In senso molto concreto, il nostro ambiente si sta animando, o quasi, in modo estremamente e fondamentalmente simile a noi. La cibernetica, una nuova e preziosa disciplina scientifica creata da Norbert Wiener, ha intravisto solide analogie tra il comportamento di alcune macchine e quello degli umani, suggerendo che uno studio delle macchine avrebbe fornito preziose informazioni sulla natura del nostro comportamento. Studiando quel che non funziona in una macchina - per esempio, quando in una delle tartarughe sintetiche di Grey Walter due tropismi che dovrebbero escludersi a vicenda funzionano simultaneamente, dando origine a comportamenti straordinariamente complessi nelle stranite tartarughe -si pu forse scoprire un nuovo e pi fecondo approccio rispetto a quello che negli umani veniva in precedenza definito come comportamento "nevrotico". Ma immaginiamo di capovolgere questa analogia. Supponiamo (e non credo che Wiener abbia anticipato questa ipotesi) che uno studio di noi stessi, della nostra natura, ci metta in condizione di ottenere nuove informazioni sull'ormai complesso funzionamento e malfunzionamento dei congegni elettronici e meccanici. In altre parole, quel che voglio qui sottolineare la concreta possibilit di imparare nuove cose sul mondo artificiale che ci circonda, sul suo comportamento, sui suoi perch e sulle sue linee di sviluppo, per analogia con quello che sappiamo di noi stessi.
Le macchine stanno diventando pi umane, per cos dire - almeno nel senso che, come mostrato da Wiener, possono essere istituiti significativi paragoni tra il loro comportamento umano e quello degli uomini. Ma
proprio vero che noi conosciamo prima e meglio di tutto noi stessi? Forse, invece di imparare qualcosa su noi stessi studiando le macchine, dovremmo tentare di comprendere come si stanno sviluppando osservando la nostra evoluzione.
Forse, in realt, stiamo assistendo a una graduale fusione della natura generale delle attivit e delle funzioni umane con le attivit e le funzioni di ci che noi umani abbiamo costruito e di cui ci siamo circondati. Cent'anni fa un simile pensiero sarebbe stato considerato assurdo, prima ancora che antropomorfizzante. Cosa avrebbe potuto apprendere su se stesso un uomo della met del diciottesimo secolo osservando il comportamento di un motore a energia asinina? Avrebbe forse potuto osservarlo sbuffare e ansimare per poi estrapolare dal lavoro compiuto la ragione per cui lui continuava a innamorarsi di un medesimo tipo di ragazza? Questo pensiero non sarebbe stato semplicemente primitivo, bens piuttosto patologico. Ora, per, ci troviamo immersi in un mondo da noi costruito e cos intricato e misterioso che - secondo le teorie dell'eminente scrittore di SF polacco Stanislaw Lem - non lontano il tempo in cui, per esempio, si dovranno imporre misure restrittive per evitare che particolari soggetti si mettano a violentare le macchine da cucire. Se cos sar, speriamo che almeno la macchina da cucire sia femmina. E che abbia superato la settantina (magari una vecchissima Singer a pedale, anche se purtroppo pu darsi che sia gi oltre la menopausa).
In alcuni dei miei racconti e romanzi, ho parlato di androidi, robot o simulacri; il nome non ha importanza: ci a cui mi riferisco sono le costruzioni artificiali dall'aspetto umano e, di solito, animate da qualche sinistro proposito. Probabilmente, per me era scontato che se una di queste costruzioni - un robot, per esempio - avesse avuto uno scopo positivo, o quantomeno decente, non avrebbe avuto bisogno di camuffarsi. Ormai, per, quest'idea mi pare superata. Queste costruzioni non imitano gli umani: per molti aspetti fondamentali, esse in realt sono gi umane. Non stanno cercando di fregarci, per qualche scopo a noi ignoto: seguono semplicemente i nostri stessi percorsi al fine di superare problemi comuni, quali la rottura di parti vitali, la perdita di fonti di energia, l'attacco di forze ostili come le tempeste, i cortocircuiti - e sono certo che chiunque di voi pu confermare che un cortocircuito, specialmente per quanto riguarda la fornitura di energia, pu rovinare una giornata e impedirci di andare al lavoro, oppure, sul posto di lavoro, renderci incapaci di sbrigare le pratic he ammucchiate sulla nostra scrivania. Quello a cui penserei ora, dovendo riformulare la questione dei robot antropomorfici, un robot scintillante, con lenti-scanner ad ampio spettro e un motore, alimentato da una batteria a elio, che sanguina se viene ferito. Sotto la corazza di metallo batte un cuore simile al nostro. Forse, scriver qualcosa del genere. Oppure, come in certi racconti gi pubblicati, a robot che, interrogati con domande tipo: "Perch esiste l'acqua?", rispondono: "Prima lettera ai Corinzi". Un racconto che ho scritto - ma che purtroppo non ho preso abbastanza sul serio - trattava di un computer che, quando riusciva a rispondere a una questione postagli, mangiava l'interrogante. Presumibilmente - allora non ci avevo pensato - se il computer non fosse stato in grado di rispondere alla domanda sarebbe stato mangiato dall'uomo che lo aveva interrogato. In ogni caso, mischiai inavvertitamente macchina e uomo, senza rndermi conto che una tale combinazione avrebbe potuto, col tempo, cominciare davvero a entrare a far parte della nostra realt. Come Lem, credo anch'io che sar sempre pi cos. Ma per procedere oltre l'idea di Lem direi: verr il tempo in cui, se un uomo prover a violentare una macchina da cucire, questa lo far
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