Phoebe Hoban - Basquiat: A Quick Killing in Art
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- Book:Basquiat: A Quick Killing in Art
- Author:
- Publisher:Open Road Media
- Genre:
- Year:2016
- Rating:4 / 5
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Basquiat: A Quick Killing in Art: summary, description and annotation
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Basquiat: A Quick Killing in Art — read online for free the complete book (whole text) full work
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Titolo originale: Basquiat. A Quick Killing In Art Phoebe Hoban, 1998
All rights reserved including the right of reproduction in whole or in part in any form. This edition published by arrangement with Viking Penguin, a member of Penguin Group (Usa) Inc.
Nota dell'autrice: questa una biografia non autorizzata che non stata approvata n da Gerard Basquiat n dagli eredi di Jean-Michel Basquiat.
I edizione italiana: aprile 2006
II edizione italiana: settembre 2006 Alberto Castelvecchi Editore srl Via Isonzo, 25
00198 Roma
Tel. 06.8412007 fax 06.85865742
www.castelvecchieditore.com
Art Direction: Elisa Passacantilli
Traduzione dall'inglese: Tiziana Lo Porto
Revisione e impaginazione: Serena Vischi
Cover: Chiara Arnone
Foto di copertina: William Coupon
In seconda e terza di copertina: Jean-Michel Basquiat, Untitled (1981), acrilico, collage e tecnica mista su legno, 101x90cm, Collezione privata.
[Le foto dell'inserto a colori sono di Edo Bertoglio New York Beat Films LLC, quelle alle pp. 84 e 416 sono di Mark Sink, quella di p. 271 di Valentina Pigmei. Gli obblighi riguardanti i diritti di riproduzione per le altre immagini pubblicate in questo libro sono stati assolti. Laddove ci non fosse stato possibile, l'editore si dichiara a disposizione degli aventi diritto].
ISBN: 88-7615-155-9
Importante: i dattiloscritti inviati all'attenzione della casa editrice non verranno restituiti
Phoebe Hoban
Basquiat
Vita lucente e breve di un genio dell'arte
a cura di
Tiziana Lo Porto
CASTELVECCHI
A mia madre Lillian Hoban
All'inizio c' la testa. (Le dipingeva ossessivamente). I capelli erano il centro. Rasati, come quelli di un carcerato, quando lasci casa sua a Brooklyn a quindici anni. Disse che era un travestimento per non farsi beccare dagli sbirri. Biondi e acconciati, come un futuristico indiano mohawk, quando fece la sua ascesa nello scenario di Downtown, localizzabile opera d'arte topiaria nella terra dei club. E quando SAMO , graffitista straordinario, cambi anche i suoi capelli cambiarono. Adesso il cranio era per met in vista, la testa rasata circondata da dread rasta. Poi i dreadlocks, una corona versione Basquiat. Diceva di avere preso il simbolo dal marchio della King World Productions nei titoli di coda delle Simpatiche canaglie, ma l'aveva fatto suo.
Poi gli occhi. Aveva quello sguardo. Non l'aveva copiato da Warhol, ma sapeva come usarlo. La gente diceva che con gli occhi riusciva a mangiarti la faccia, a vederti dentro, ad attraversarti come avesse la vista a raggi x degli eroi dei suoi fumetti. Vedeva cose che gli altri non vedevano. Per collegarsi, si disconnetteva. Nella paranoia, nelle droghe, nella musica, nella televisione. Assaporando la cultura, sputandola poi via in pezzi disordinati.
Quindi la pelle. Non c'era modo di evitarla: lo conteneva. Non riusciva a fermare i taxi. La gente non gli voleva stringere la mano. La pelle lo tradiva. Non lo proteggeva dal mondo. Era troppo sottile, troppo sensibile. Non aveva la milza, non aveva filtri per il veleno. Alla fine esplose, immagine superficiale di una piaga interiore.
I piedi erano spesso scalzi. Stare senza scarpe era la sua divisa. Richiamo inconscio alla sua regalit africana, arrogante e folk. Faceva questa specie di danza, defilato, che era futuro e preistoria insieme. Un astronauta hip hop venuto da un altro pianeta. Lui non camminava. Non era come i ragazzini che per la prima volta indossano i calzoni lunghi. Aveva quella sua falcata curiosa, un po' barbone, un po' bambino.
Basquiat non era uno normale. Viveva sullo stile paga e prendi. Ma in alcune cose era imbattibile, in centinaia di cose. Nei disegni, nei dipinti e nelle note che lo raccontavano come un test Rorschach. Basquiat viveva i suoi dipinti: ci dormiva sopra, ci camminava sopra, ci mangiava sopra. Ci scribacchiava sopra i numeri di telefono dei suoi amici, i conti da pagare, i menu a portar via, i nomi della gente e dei posti, le bibliografie, la sua idea della Storia.
Mor per un'overdose di eroina a ventisette anni, come i suoi eroi, brillanti tossici e artisti del Jazz. In base a uno dei suoi ultimi appunti, pensava di comprarsi un saxofono.
Se ti restassero solo ventiquattr'ore di vita, che cosa faresti?.
Non lo so. Me ne andrei in giro con mia madre e la mia ragazza. Credo.
JEAN-MICHEL BASQUIAT, videointervista di Tamra Davis e Becky Johnston, 1986
Venerd 12 agosto 1988. Sul marciapiede fuori dal 57 di Great Jones Street la solita triste schiera di crackdipendenti se ne stava sdraiata al sole cocente. Dentro un edificio di mattoni a due piani, Jean-Michel Basquiat era sveglio sul suo gigantesco letto, inondato dalla luce blu della Tv. L'aria condizionata era rotta e la stanza era una specie di forno a microonde. La porta del bagno era socchiusa, e s'intravedeva una vasca da bagno Jacuzzi nera e marroncina. Sul bordo della vasca c'era un mucchietto di siringhe sporche di sangue. Nella finestra del bagno c'era un buco irregolare. Sotto c'era scarabocchiato, a mo' di didascalia, Cuore infranto, con il simbolo preferito da Basquiat, quello del copyright.
Kelle Inman, la ventiduenne fidanzata di Basquiat, era al piano di sotto a scrivere sul diario che lui le aveva regalalo. Di solito dormiva tutto il giorno, ma quando vide che a pomeriggio inoltrato l'artista ancora non era sceso per la colazione, la Inman cominci a preoccuparsi. Quando sal in camera a controllare, la calura la colp in pieno viso, come un'onda. Ma Basquiat sembrava dormire beatamente, e cos se ne torn di sotto. Lei e la donna delle pulizie lo sentirono russare forte, ma non ci fecero caso.
Poche ore dopo telefon un amico di Basquiat, Kevin Bray. Lui, Basquiat e un altro loro amico, Victor Littlejohn, quella sera sarebbero dovuti andare a un concerto dei Run-D.M.c. Chiamava per mettersi d'accordo con Jean-Michel. Kelle risal le scale per dirglielo. Questa volta lo trovo sdraiato sul pavimento, la testa nascosta dentro il braccio, come un bambino, mentre una piccola pozza di vomito prendeva forma vicino al mento.
La Inman fu presa dal panico. Non aveva mai visto nessuno morire, anche se lo strafarsi di droghe di Basquiat le aveva messo addosso una costante paura. E adesso sembrava fosse capitato il peggio. Corse al telefono e chiam Bray, Littlejohn e Vrej Baghoomian, l'ultimo gallerista di Basquiat. Ricorda Bray:
Quando arrivai l Kelle disse che aveva chiamato un'ambulanza. Mi port di sopra. Jean-Michel sembrava svenuto. Era sul pavimento, sdraiato contro il muro, come se fosse caduto e non avesse avuto la forza di rialzarsi, e si fosse solo appisolato. C'era un sacco di roba liquida che gli veniva fuori dalla bocca. Lo tirammo su e lo girammo. Provammo a scuoterlo, e cercammo insistentemente di rianimarlo. L'ambulanza ci mise molto ad arrivare. Ma per un po', dopo che i tizi del Pronto Soccorso arrivarono, pensammo che fosse tutto ok. Gli erogarono scosse elettriche e gli fecero un'intravenosa. Victor dovette tenere su Jean-Michel, cos che il contenuto della flebo riuscisse a defluire [Bray stira le braccia verso l'esterno come fosse crocifisso, nda].
Bray non riusc a resistere. And di sotto, dove la Inman e due assistenti della galleria di Baghoomian, Vera Calloway ed Helen Traversi, cercavano di rimanere calme. Provammo a tastargli il polso. Scottava.
Era come assistere a una qualche trattativa commerciale, dice Bray, gli misero un tubo in gola e lo portarono di sotto. Non ci dissero se era vivo o morto e lo portarono fuori. Aveva questa bella bava rossa e bianca che gli usciva dalla bocca.
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