Franco Buso - Devora

Cura grafica ed editoriale:

Scrittura a Tutto Tondo

Copertina: Valentina Marinacci

Impaginazione: Oriana Corsi

Consulenza redazionale: Francesca Bonaffini

Promozione: Francesca Zelletta

Coordinamento: Rita Charbonnier

M ancavano tre giorni alla primavera, ma la mattina era gelida. La brina non si era ancora sciolta sui tetti spioventi di ardesia, e sui vetri delle finestre rilucevano ghirigori di ghiaccio. Lultimo Maestro dei Cavalieri Templari, anziano, incatenato mani e piedi, scendeva dal carro a fatica; dietro di lui, anchessi in catene, arrancavano tre alti dignitari dellOrdine del Tempio. Le guardie reali li spintonarono brutalmente verso una pedana di legno al centro del sagrato della cattedrale di Notre-Dame: erano attesi dallarcivescovo di Sens, Philippe de Marigny, e da una schiera di prelati accomodati sugli scranni imbottiti di soffici cuscini. Per lennesima volta venne data pubblica lettura dei capi di imputazione eresia, apostasia, idolatria, blasfemia, sodomia del processo istruito a seguito dellarresto di tutti i Templari, i Pauperes commilitones Christi templique Salomonis, avvenuto a partire da venerd 13 ottobre 1307.

Mentre il cardinale pronunciava il discorso, sbuffi di nebbiolina accompagnavano ogni suo fiato. Il verdetto era scontato: carcere a vita. Agli imputati, rei confessi, non era stato concesso diritto di difesa e con questo si ritenevano chiusi lassemblea e il processo.

Ma allimprovviso e senza chiedere autorizzazione due di loro, il Maestro Jacques de Molay, la massima autorit dellOrdine, e il Precettore Geoffroy de Charney, presero parola e ritrattarono con decisione le loro confessioni. Sostennero che fossero state estorte con la tortura e si proclamarono innocenti da ogni accusa mossa nei loro confronti, e nei confronti di tutti i cavalieri dellOrdine.

Sapevano bene che il loro gesto coraggioso aveva appena trasformato il carcere a vita in morte sul rogo. Questa era la pena riservata ai relapsi, coloro che, dopo aver confessato, ritrattavano e cos facendo ricadevano nel peccato.

Appresa la notizia, Filippo IV il Bello re di Francia prese in mano la situazione. Senza interpellare le autorit ecclesiastiche, per evitare che facessero eccezioni, pronunci immediatamente la condanna a morte e diede ordine che i due Templari fossero messi al rogo quello stesso giorno, ai vespri.

Il rogo fu allestito nella piccola Isola dei Giudei, un isolotto della Senna prospiciente la punta occidentale dellle de la Cit, poco distante dalla cattedrale di Notre-Dame.

Re Filippo osservava la scena da una finestra della sua residenza. Gli addetti accatastarono una gran quantit di fascine di legna attorno a un grosso palo. Nonostante il freddo, la consueta folla di cenciosi si accalcava bramosa di respirare il puzzo di carne bruciata.

Il Maestro, con molta lentezza, volle togliersi il pesante mantello in modo che fosse visibile a tutti la croce rossa, simbolo dellordine dei Templari, che aveva ricamata sulla parte sinistra della tunica bianca, allaltezza del cuore. Percorse con un lungo sguardo i volti degli astanti, che per qualche minuto tacquero soggiogati da quegli occhi profondi, e per ultimo si sofferm su una figura incappucciata, che rispose al suo sguardo. Infine sal con dignit la pira e chiese che non gli fossero legate le mani per poterle congiungere in preghiera; richiesta che fu esaudita.

Quando tutto fu pronto venne appiccato il fuoco, che si propag rapidamente in mezzo alle sterpaglie secche e in pochi istanti avvolse la legna pi grossa, alzando le fiamme fino a lambire le vesti dellanziano templare. Prima che la temperatura divenisse insopportabile e prima che gli venisse meno il respiro, Jacques de Molay trov la forza di pronunciare le sue ultime parole.

Io sto per morire e Dio sa che non giusto proclam. Per, ora vi dico che la disgrazia cadr su coloro che mi hanno ingiustamente condannato.

Poi si rivolse al papa, che non era presente.

Tu, papa Clemente, uomo pusillanime e burattino nelle mani del re di Francia, per il timore di essere privato di un trono che non hai meritato, tu che hai decretato la soppressione del nostro Ordine, tu che, senza convinzione e senza prove, hai permesso che io e i miei fratelli del Tempio fossimo giudicati e condannati, tu stesso sarai a tua volta chiamato di fronte al tribunale di Dio per essere giudicato prima che siano trascorsi quaranta giorni da oggi. E anche tu, Filippo, uomo avido e arrogante aggiunse rivolto al sovrano, che lo osservava dallalto della sua finestra sappi che dovrai presentarti al medesimo tribunale entro la fine di questanno del Signore 1314. La mia maledizione cadr anche sui tuoi successori; vi saranno lutti precoci e la tua stirpe reale si estinguer alla tredicesima generazione a partire da te, Filippo IV.

Quindi, con lultima voce che aveva, scagli la sua quarta invettiva: Questo Papato avr fine entro settecento anni dalla mia morte.

Mentre tra la folla risuonava leco di queste parole, le prime lingue di fuoco si avvicinarono alla fluente barba grigia del Maestro e in pochi minuti Jacques de Molay e Geoffroy de Charney si trasformarono in torce umane.

I popolani, molti dei quali erano l fin dal mattino, erano rimasti stupiti per linaspettata presa di posizione degli imputati. Furono altrettanto ammirati dalla dignitosa determinazione nellaffrontare la morte da parte dei due Templari che imperturbabili e rivolti a Dio in preghiera si lasciarono avvolgere dalle fiamme.

Una ragazza di quindici anni osservava il rogo silenziosa. Aveva assistito alla farsa finale del processo, che in realt era stato una farsa fin dal principio. Un ampio cappuccio nascondeva i suoi lunghi capelli neri ondulati e gran parte del suo viso dallincarnato leggermente olivastro, secondo i tratti tipici delle popolazioni dOutremer. Sotto le marcate sopracciglia scure gli occhi erano color ambra, tendenti al giallo, con liride spruzzata di screziature dorate che brillavano anche sotto lombra del cappuccio. Sul ramo di un albero l a fianco era appollaiata una civetta, che aveva gli occhi dello stesso colore.