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Arthur Rimbaud - Lettera del veggente

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Arthur Rimbaud Lettera del veggente

Lettera del veggente: summary, description and annotation

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dicembre 2002

Arthur Rimbaud

Lettera del veggente

Traduzione dalloriginale in francese Lettre duvoyant

di Marco Vignolo Gargini

INTRODUZIONE A CURA DEL TRADUTTORE

A cinque mesi dal compimento del suo diciassettesimo anno di vita, che sarebbe caduto il 20 ottobre, Arthur Rimbaud scrisse e invi due lettere, una al suo insegnante di letteratura francese Georges Izambard (13 maggio 1871), laltra a un giovane poeta amico di Izambard, Paul Demeny (15 maggio 1871). La prima fu lannuncio in sintesi del contenuto della seconda:

Adesso, io mi do ai bagordi il pi possibile. Perch? Io voglio essere poeta, e lavoro per rendermi veggente: Lei non comprender affatto, e io non sarei quasi in grado di spiegare. Si tratta di pervenire allignoto attraverso lo sregolamento di tutti i sensi. Enormi sono le sofferenze, ma bisogna essere forte, essere nato poeta, ed io mi sono riconosciuto poeta. Io non ne ho per niente colpa. falso dire:Io penso. Si dovrebbe dire: Mi si pensa. Perdoni il gioco di parole.

I O un altro. Tanto peggio per il legno che si rinviene violino, e alla malora gli incoscienti, che fanno i sofisti su ci che ignorano completamente!

Lei non pi insegnante per me. Io Le dono questo: della satira, come direbbe Lei? Della poesia? la fantasia, sempre. Ma, La scongiuro, non sottolinei n con la matita, n troppo con il pensiero

Arthur Rimbaud nella stessa lettera, poco prima del passo citato, fa il paragone tra il modo di vedere la poesia, e quindi la vita, del professore liceale, e il suo non voler cadere nella morsa dellistituzionalizzazione. Allinsegnante ricorda le sue parole, On se doit la Socit, mavez-vous dit (Dobbiamo noi stessi alla Societ, mi ha detto), e poi replica polemicamente:

...Io devo me stesso alla Societ, giusto, - e ho ragione. Anche Lei, Lei ha ragione, per oggi. In fondo Lei non vede altro nel suo principio che la poesia soggettiva : la Sua ostinazione a riconquistare la greppia universitaria mi scusi ! la prova. Ma Lei far sempre la fine del soddisfatto che non ha fatto niente, non avendo voluto far niente. Senza contare che la Sua poesia soggettiva sar sempre orribilmente insipida. Un giorno, lo spero, - e tanti altri sperano lo stesso, - io vedr nel Suo principio la poesia oggettiva, io la vedr pi sinceramente di Lei ! Io sar un lavoratore: lidea che mi frena quando la rabbia folle mi spinge spinge verso la battaglia di Parigi, - dove tanti lavoratori peraltro muoiono ancora mentre io Le scrivo! Lavorare adesso, mai, mai; io sono in sciopero

Nella sua brevissima attivit di poeta, praticamente un lustro, Arthur Rimbaud ha avuto ragione: la sua poesia oggettiva ricordata, celebrata, viene studiata dappertutto, e spesso fraintesa, mistificata, strumentalizzata, come succede, ahim, alle opere degli artisti di genio. Il lavoratore Izambard ricordato solo per essere stato linsegnante di Arthur Rimbaud al Liceo di Charleville, non certo per la sua poesia soggettiva, quindi, ha avuto torto, con lunica consolazione di poterlo avere in nome di quel principio cos bene espresso da un omo sanza lettere come Leonardo da Vinci, il quale chiosava Tristo quel discepolo che non avanza il maestro. Rimbaud ha avanzato, surclassato il suo maestro, divenendo un classico, un autore di opere date una volta per sempre, intramontabili.

La seconda lettera, ormai nota con il titolo Lettre duvoyant, inviata ad un poeta, Paul Demeny, anchesso pressoch obliato, ribadisce sostanzialmente e con pi decisione la differenza tra lessere un talento che si scopre da solo attraverso un lavoro immenso di drglement de tous les sens, ed essere un lavoratore che si limita a chiosare laltrui opera.

Rimbaud crede di essere in procinto dottenere (se non di averlo gi ottenuto!) ci che Charles Baudelaire proclama nel finale della lirica Le Voyage: Enfer ou Ciel, quimporte? / Au fond de lInconnu pour trouver du nouveau! (Cielo o Inferno, che importa? In fondo allIgnoto per trovare il nuovo!) , ovvero il raggiungimento di ci che non stato ancora rappresentato, lInconnu. Come Baudelaire, forse pi di Baudelaire, Arthur Rimbaud chiede allarte il radicale rinnovamento, e la Lettre duvoyant si pu definire il manifesto di una rinascita totale che vede nellartista il suo profeta.

Si sa che in seguito Rimbaud riassetter le sue posizioni, probabilmente nel disincanto, probabilmente nella convinzione personale di non aver realizzato in pieno ci che si prefiggeva allepoca della scrittura della lettera a Paul Demeny, e testimoni potrebbero essere i passi in prosa di Alchimie du verbe (Alchimiadelverbo) allinterno di Une saison en enfer (Una stagione allinferno, presente su questo sito nella mia versione), nonch, non senza nostalgia, la magnifica Jeunesse IV (Giovinezza IV) delle Illuminations :

Tu sei ancora dentro la tentazione dAntonio. Lo spasso dello zeloaccorciato, i tic di puerile orgoglio,laccasciamento e il terrore. Ma tu ti metterai al lavoro: tutte le possibilit armoniche ed architettoniche si muoveranno attorno al tuo seggio. Degli esseri perfetti, imprevisti, soffriranno alle tue esperienze. Nelle tue vicinanze affluir trasognante la curiosit di antiche folle e di lussi oziosi. La tua memoria e i tuoi sensi non saranno che il nutrimento del tuo impulso creatore. Quanto al mondo, quando tu uscirai, che sar divenuto ? In ogni caso, nulla delle attuali apparenze!

Rimbaud, ladolescente che si fece poeta, si fece veggente, ponendo lIo al centro del mondo, per il mondo, in un lan titanico verso quel secolare sogno artistico della conquista dell Inconnu, ad un certo punto della sua vita depose la penna, stette, per dirla con Dante, contento al quia di ci che aveva conseguito in ambito letterario. Non scrisse pi, decise di disinteressarsi della sorte della sua opera fino ad allora compiuta (a Demeny, e non solo a lui, chiese addirittura di bruciare le composizioni che a suo tempo gli aveva inviato). La rinuncia di Rimbaud potrebbe essere letta alla stregua di un atto avveduto di ammissione dellesaurimento della propria vena poetica, come se quel demone interiore che aveva insufflato versi, prose, sogni immensi di trasformazione dellumanit, si fosse misteriosamente ammutolito, incapace di dettare ancora un altro verso, unaltra prosa, un altro sogno. Il silenzio di Rimbaud, che dur fino allultimo suo giorno di vita, ha quasi il sapore di uno sciopero permanente, di un rifiuto del lavoro alla catena di montaggio della produzione poetica, di una protesta contro tutti i sistemi che anticamente si volevano sfidare. S anche parlato duna passivit insita in quei tre voyant, se faire voyant (esserveggente, farsiveggente), di una sorta di allucinazione che il ragazzo di Charleville si ritrov a sedare. Il risultato di questa guarigione sarebbe stato allora il silenzio? Un silenzio interpretato quale attivit cosciente che avrebbe scaricato questo long, immense et raisonn drglement de tous les sens ( lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi)? Trovo che le discussioni infervorate in ambito critico sullattivit-passivit, sul dentro-fuori della poesia, o della letteratura in genere, siano i giochi di bimbi di eraclita memoria, o, per citare un altro grande poeta, ricordino La poesia (In Italia) di Eugenio Montale (1896-1981):

Dagli albori del secolo si discute

se la poesia sia dentro o fuori.

Dapprima vinse il dentro, poi contrattacc duramente

Il fuori e dopo anni si addivenne a un forfait

Che non potr durare perch il fuori

armato fino ai denti. .

Nel frattempo, mentre il

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