Ringraziamenti
Numerosi sono stati i testimoni delle vicende descritte in questo libro. A loro vanno i nostri ringraziamenti per il prezioso contributo alla ricostruzione dellepopea sportiva e umana di Tiberio Mitri. Ci scusiamo sin dora se qualcuno di loro non verr menzionato direttamente.
Un ringraziamento va a tutti quelli che hanno conosciuto il protagonista nei vari momenti della sua esistenza. Agli amici di Trieste, ad Alviano e Bruna Fabris, alla sorella di Tiberio Mitri, Gianna Vizzich, e ai protagonisti dellambiente pugilistico che faceva capo alla palestra dellApt nellimmediato dopoguerra, a partire dal suo amico ed ex pugile Bruno Bernardinello.
Numerose sono anche le testimonianze di chi lo ha conosciuto e incontrato dentro e fuori dal ring, nelle palestre storiche di Roma come lAudace, per mezzo di Fabio Venturini e della sua famiglia, o lIndomita, sui set di Cinecitt o nei locali della Dolce vita.
Punto dincontro ideale fra lo spirito di queste due citt Nino Benvenuti, al quale va la nostra riconoscenza per il contributo nella rievocazione delle vicende narrate.
Un ulteriore ringraziamento per la collaborazione nelle ricerche va alla Federazione pugilistica italiana, che nella persona di
Michela Pellegrini ha cortesemente messo a disposizione il suo imponente e suggestivo archivio fotografico, cos come va evidenziata la disponibilit di giornalisti come Antonio Ghirelli e Andrea De Cesare.
Siamo grati, inoltre, a tutte le persone di Trastevere che hanno fornito particolari e aneddoti su una figura che, a distanza di quasi dieci anni dalla morte, rimane ancora popolarissima nel quartiere; a Giorgio e Fabio Perreca, del Perreca boxing team, che oggi si trova alla Magliana, e alla Comunit di SantEgidio, punto di riferimento e fonte essenziale per le ricerche compiute sugli ultimi anni di vita di Tiberio Mitri.
Prefazione
di Nino Benvenuti
P ochi campioni, oltre Tiberio Mitri, hanno potuto vantare, si fa per dire, una vita cos complicata. Leggendo le centododici pagine che racchiudono le sue memorie senza interrompersi, in un unico pomeriggio riesce perfino difficile pensare che non ci sia qualcosa di inventato. E invece tutto vero.
Certo che nascere a Trieste, negli anni Venti, una di quelle combinazioni che ti legano indissolubilmente a una esistenza difficile. Esasperata, nel suo caso.
Mi riferisco a quegli anni che hanno lasciato una traccia nella storia del nostro Paese. Crescere in un tempo in cui i solchi tracciati dalla Prima Guerra erano ancora profondi e le ferite ancora aperte, significava sofferenza.
La guerra si era svolta proprio da quelle parti: i confini dellAustria non erano lontani, anzi Trieste, allora, ne era parte integrante. Una guerra che vincemmo noi (ma che dico... le guerre si perdono, sempre, da una parte come dallaltra! Solo per un po si inneggi alla vittoria; e per il tempo che resta, spesso, ci si cura le ferite).
Nel 1934 Tiberio aveva otto anni quando gli dissero che Trieste era finalmente italiana. Per questo crebbe con tanto amor di Patria.
Purtroppo per lui, per, ci fu unaltra guerra. Anche questa mondiale; e dunque ancora un periodo di vita tormentata, momenti terribili, di grande sofferenza e disagi indicibili. La famiglia fu costretta ad affidarlo con il fratello Claudio alleducatorio, nome accattivante, eufemismo infantile per intendere carcere duro. l che impar a risolvere ogni problema a modo suo, perch alleducatorio solo il pi forte e il pi coraggioso sopravvive. Cos crebbe. Questo era il ragazzo che si presentava alla vita che laspettava, un percorso simile a un bosco di rovi da dover potare senza laiuto di nessuno.
Amore e affetti non si leggevano nel suo vocabolario. Cresciuto in quel modo e in quel mondo, non aveva niente di meglio del pugilato per cercare una via duscita. Caparbio e ostinato, diventa un campione ma non riuscir mai a liberarsi della memoria delle esperienze vissute in giovane et, dove lo spazio si conquistava con la forza, la prepotenza, fuori dalle regole.
Tiberio diventa adulto, uomo, e si rende conto che la vita non pi il ring cordato dove lavversario non pu scappare, e meno ancora i vicoli di via Rigutti. Ora lui che non pu scappare, deve partecipare a un gioco pi grande di lui, un gioco che non conosce. sballottato, disorientato. Chiss quante volte avr pensato di essere nel luogo sbagliato! Non era pi quello il suo mondo.
A una certa et la sua dopo un vissuto fuori dai canoni, spera ancora nel colpo che va a segno, nel momento fortunato, per poter dire a tutti: Avete visto che avevo ragione io, che ce lho fatta!. Ma questo pu accadere solo nei romanzi a lieto fine, mai nella vita di uno che salito troppo in alto, dovendo sostenere un carico eccessivo senza fondamenta adeguate.
Tiberio di amici ne aveva. Di consigli ne riceveva. Ci si provato a metterlo sulla strada, quella giusta. Difficile per uno che ormai avrebbe dovuto capovolgere i suoi ritmi, e pensare a quello che si sarebbe potuto trovare davanti non pi in veste di campione osannato e acclamato.
Tiberio diceva di aver capito. Te lo assicurava che avrebbe fatto quello che gli veniva consigliato, che sarebbe cambiato.
Ma poi bastava che girasse langolo e incontrasse un Lucignolo per ritornare a essere e fare quello che gli piaceva di pi. Comprava tutti con quel sorriso accattivante da bravo ragazzo.
Il successo gli arride, vive per un paio di decenni da campione generoso, ma ancora non capisce che occorre pensare al dopo, quando i piedi dovranno necessariamente tornare per terra.
Sente di voler essere ancora lui il protagonista.
Man mano che la sua fama cala, gli amici si allontanano.
Sempre meno importanti e sinceri. Lui non si nemmeno accorto del vortice in cui caduto. Trova ogni tipo di scusa per poter continuare. Gli muoiono accanto le persone pi care: la prima moglie, la seconda moglie per un male incurabile, i figli Alessandro e Tiberia per mali peggiori: quelli tipici della nostra epoca. Quando ti lasciano punti di riferimento affettivo come questi, terribile. E inaccettabile, se sono pi giovani di te.
Tiberio, che amava la vita, incomincia a odiarla. Si stordisce con tutto ci con cui pu farlo. Chiss quante volte pensa di farla finita ma non ne capace. Non basta il coraggio del combattente.
La sua fu una morte che non cerc. Ma, ne sono certo, fu in quel momento, la cosa pi bella che potesse capitargli.