2014 Giunti Editore S.p.A.
LUCA
Luca dunque, passando da un lavoro ad un altro, e dal marmo al bronzo e dal bronzo alla terra, ci fece non per infingardaggine, n per essere, come molti sono, fantastico, instabile e non contento dellarte sua, ma perch si sentiva dalla natura tirato a cose nuove, e dal bisogno a uno essercizio secondo il gusto suo e di manco fatica e pi guadagno. Onde ne venne arricchito il mondo e larti del disegno dunarte nuova, utile e bellissima, et egli di gloria e lode immortale e perpetua. A conclusione della sua Vita di Luca della Robbia (1568), Vasari celebra cos uninvenzione artistica che ancora a distanza di un secolo dal suo apparire gli si mostra rivoluzionaria e, sia pure portato a considerazioni pratiche e moraleggianti, non nasconde linfinita ammirazione per lingegno di Luca che si era volto a sperimentare insolite tecniche di invetriatura ceramica per applicarla alla scultura e ottenere cos figure luminose e splendenti, belle alla vista e al tatto, nuove persino alla somma sapienza degli antichi romani, e cos resistenti alle ingiurie del tempo da poterle definire quasi eterne.
Ma su quali siano state le circostanze, le motivazioni, i pensieri che condussero Luca della Robbia alla sua invenzione ben poco sappiamo, visto il silenzio dei documenti e dei pi antichi biografi, e la riduttiva spiegazione offerta dal Vasari, probabilmente indotta dalla successiva popolarit della terracotta invetriata quale pi economica e resistente alternativa alle tecniche tradizionali, potendosi con bellezza e con non molta spesa ogni luogo acquatico ed umido abbellire (Vasari 1550). Altrettanto misterioso appare anche il significato attribuito da Luca allinvetriatura, indagato dalla critica con opinioni contrastanti; ma certo, sia che della tecnica si considerino le finalit pratiche o piuttosto le aspirazioni espressive, tale significato fu mutevole nel corso dei decenni, a seconda delle scelte cromatiche, della diversa destinazione delle opere, del cambiamento della committenza e dellambito culturale in cui videro la luce.
Luca della Robbia nacque a Firenze tra il luglio del 1399 e il luglio del 1400 da una famiglia benestante inserita con successo nel settore tessile, attivit da cui trasse origine il loro cognome, derivato dalla rubia, una tintura rossa per tessuti: colore che per ironia della sorte sar lunico estraneo alla variopinta tavolozza ceramica robbiana. Seguendo lesempio del padre Simone e degli zii Filippo e Jacopo, Luca si immatricol nel 1427 allArte della lana con i fratelli Marco e Giovanni e soltanto il primo settembre 1432 pag liscrizione allArte dei maestri di pietra e legname, a sancire la professione di scultore da lui intrapresa da tempo, se dallottobre del 1431 presente nei documenti dellOpera del duomo di Firenze per i lavori alla monumentale Cantoria marmorea.
Limportanza del lavoro affidatogli lo dichiara maestro affermato e pone cos il problema di ricostruire la sua formazione e di identificare le prime opere eseguite. Sia Pomponio Gaurico nel suo De Sculptura (1504), che il Vasari nelle Vite (1550) affermano che la sua prima educazione artistica fu presso un orafo: costume diffuso nel tempo, seguito anche da Brunelleschi e Donatello; lindicazione sembra confermata da un documento del 1427 in cui Luca insieme a Donatello menzionato come collaboratore del Ghiberti nella Porta del Paradiso del battistero fiorentino e una sua competenza nellarte orafa sar riconosciuta nel 1467 quando verr chiamato a stimare, con Antonio del Pollaiolo e altri maestri, il piede della croce dargento dellaltar maggiore del duomo di Firenze.
Se dal Ghiberti Luca pot derivare i ritmi fluidi e modulati delle composizioni a bassorilievo, il gusto per unestrema diligenza e pulizia formale e forse anche la predilezione per superfici luminose e preziose, al formarsi del suo profondo, pacato classicismo risolto in forme morbide, corpose e tondeggianti fu certo essenziale lesempio della statuaria di Nanni di Banco. Probabile dunque un apprendistato presso di lui e la collaborazione nella Porta della mandorla del duomo fiorentino, con la quale Luca sarebbe entrato a far parte di uno dei cantieri pi operosi e importanti della citt. Temporaneo ma fondamentale fu il successivo accostamento alle esperienze di Donatello, testimoniato da alcuni rilievi a stiacciato in marmo, terracotta e stucco (alcuni dei quali forse in relazione a perdute fusioni in bronzo) databili intorno al 1425-1430, immediatamente precedenti, cio, allincarico della Cantoria. La predilezione mostrata in seguito per luso della terracotta e le importanti sperimentazioni eseguite lasciano supporre che Luca avesse da tempo acquisito anche una notevole dimestichezza con la scultura fittile e le relative tecniche di modellazione e cottura, recuperate allinizio del secolo proprio in ambito donatelliano e ghibertiano, probabilmente realizzando, secondo le consuetudini di molte botteghe fiorentine del tempo, rilievi in terracotta o stucco dipinto e dorato, perlopi replicabili a calco e destinati alla devozione privata.
Secondo le fonti storiche, gi durante il terzo decennio del secolo Luca si leg di amicizia e reciproca stima con Filippo Brunelleschi, che lo volle al lavoro in tutti i cantieri da lui diretti eleggendolo a pi fedele interprete in scultura delle sue sobrie e luminose armonie architettoniche. Con Brunelleschi, Donatello e Ghiberti il giovane scultore, dotato di una istruzione idonea a partecipare ai dibattiti teorici e letterari, frequentava in quegli anni la casa dellumanista Niccol Niccoli, raffinato raccoglitore di ogni sorta dantichit e di preziosi manufatti orientali, prodigo di consigli verso gli artisti e forse determinante anche nel suscitare linteresse di Luca per i sistemi di lavorazione ceramica in uso nellOriente e nel mondo antico; e, secondo il Vasari, fu proprio un amico del Niccoli, lumanista Niccol di Vieri dei Medici, che molto amava Luca, a sostenere il suo nome per limportante commissione della Cantoria del duomo, cio la balconata marmorea dellorgano principale, da collocare sulla porta della Sagrestia delle messe (ora al Museo dellOpera). Dopo sette anni di lavoro quasi ininterrotto, nel 1438 lo scultore consegn la Cantoria, che rimane il suo lavoro marmoreo pi celebre e di maggiore impegno. In una struttura architettonica di concezione brunelleschiana, decorata con motivi vegetali e prospettici, si collocano dieci altorilievi raffiguranti gruppi di giovani, fanciulle e angeli che suonano, cantano e danzano, illustrando versi del Salmo 150, iscritti sulle cornici in eleganti caratteri capitali: i riquadri figurati, intesi come metope di un fregio templare, sono improntati allequilibrio e allarmonia compositiva e propongono figure liete e serene, condotte con un modellato ampio e luminoso ispirato a modelli classici (in parte riconoscibili nei sarcofagi del camposanto di Pisa e in medaglie greche e marmi neoattici), con un risultato espressivo opposto e complementare alla sfrenata danza dionisiaca che anima la