Agnati Tiziana. - Artemisia Gentileschi

QUADRO
CRONOLOGICO

Raramente, in passato, il percorso artistico e quello biografico di Artemisia Gentileschi sono stati oggetto di una sintesi logica ed efficace, cos da analizzare senza pregiudizi un prodotto artistico altissimo e sicuramente senza precedenti. certamente impossibile ignorare quel marzo del 1612 e il processo da tempo tra le causes clbres intentato da Orazio Gentileschi contro lamico e collega Agostino Tassi che, nel maggio dellanno precedente, aveva violentato la figlia Artemisia: stato infatti questo episodio, spesso, a prevalere sullattivit di pittrice della Gentileschi, ricordata e rivalutata piuttosto come emblema e modello storico da citare, o meglio, come suggerisce Camille Paglia, da utilizzare anacronisticamente per avanzare rivendicazioni infarcite di retorica femminista. Nei recenti anni Settanta la Gentileschi divenne un vero e proprio simbolo del femminismo internazionale: associazioni e cooperative le si intitolarono a Berlino, per esempio, lalbergo Artemisia accoglieva esclusivamente la clientela femminile riconoscendo in essa una figura culto, paradigma della sofferenza, dellaffermazione e dellindipendenza della donna. Per Germaine Greer, nota polemista e figura leader del movimento femminista internazionale, Artemisia Gentileschi fu la grande pittrice della guerra tra i sessi; affermazione alquanto riduttiva, se vero che, come sottolinea Almansi, un pittore di talento come la Gentileschi non pu limitarsi a un messaggio ideologico.

Eppure proprio lArtemisia artista, e artista deccezione, a essere dimenticata, trascurata persino dagli storici suoi contemporanei, che, per primi, si interessarono pi alla sua insolita vicenda biografica e ai relativi risvolti sensazionalistici che non alla sua opera. Il Baglione, nelle sue Vite (1642), ne fa una breve menzione in calce alla biografia del padre Orazio Gentileschi; poco di pi troviamo nel Sandrart, che, avendo avuto modo di conoscerla personalmente, le dedica un breve paragrafo del suo testo Teutsche Academie der Edlen Bau-, Bild- und Mahlerey-Knste del 1675. Nel 1681 il Baldinucci riserva ad Artemisia valente pittrice quanto mai altra femina alcune pagine in realt pi di quante ne dedichi a Orazio in cui ne descrive alcune opere, ma la sua indagine si limita al periodo fiorentino. Lartista non viene invece affatto menzionata dagli altri numerosi biografi del XVII secolo: Mancini, Scannelli, Bellori e Passeri, per non citarne che alcuni. Solo il De Dominici, nella sua monumentale opera dedicata agli artisti napoletani, parla della Gentileschi con ammirazione, seppur brevemente, in calce alla vita di Massimo Stanzione. La storiografia sette-ottocentesca altrettanto avara di notizie: da Orazio Walpole (1762) al De Morrone (1812), che si limita a informazioni di seconda mano prese dal Baldinucci, la pittrice risulta scarsamente conosciuta e solo poche sue opere vengono ricordate, tra queste in genere i ritratti.

Si deve a Roberto Longhi e al suo pionieristico articolo del 1916, Gentileschi padre e figlia, il primo serio tentativo di analizzare la produzione dellartista nel pi vasto contesto del caravaggismo e, soprattutto, di tentare una prima, accurata distinzione delle opere della figlia rispetto a quelle del padre. Il giudizio del Longhi decisamente lusinghiero: Lunica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura e colore, e impasto, e simili essenzialit [] nulla in lei della peinture de femme che cos evidente nel collegio delle sorelle Anguissola, in Lavinia Fontana, in Madonna Galizia Fede, eccetera.

In contrasto con questi modelli tendenzialmente votati al conservatorismo sia stilistico che espressivo, la Gentileschi plasma il suo stile aggressivo agendo liberamente sui principali orientamenti epocali, per adattarli alle sue personali inclinazioni: passa dal caravaggismo romano alla fiorentinit pi esasperata, e poi, di nuovo, dal caravaggismo al classicismo napoletano, con un tale virtuosismo che non ha eguali tra i suoi contemporanei. In ogni periodo della sua arte trova ispirazione nelle opere di colleghi eccellenti: primo tra tutti il padre Orazio, poi Caravaggio, Rubens, Cigoli, Van Dyck, senza mai rinunciare, tuttavia, al proposito di una personalissima reinterpretazione, sia che si tratti di temi biblici, sia di temi classici.

Il suo successo fu, oltre che immediato, di altissimo prestigio; seppe costruire con abilit la propria carriera raggiungendo, anche in termini di mercato, un riconoscimento senza precedenti nellambito della pittura al femminile. Eccezionale testimonianza di questa sua naturale aspirazione ad affermarsi autonomamente sono le tredici lettere che Artemisia invi a don Antonio Ruffo dal gennaio 1649 al gennaio 1651. La pittrice discuteva col Ruffo sui prezzi dei suoi quadri, accusandolo pi volte di sottovalutarla solo perch donna: il nome di donna fa star in dubbio finch non si vista lopera, gli scriveva nel 1649 a proposito della sua Galatea. In seguito, descrivendo la sua ambiziosa Caccia di Diana, prometteva che gli avrebbe mostrato quello che sa fare una donna sperando di darli grandissimo gusto, e che in lei era un animo di Cesare nellanima duna donna.

Fama e successo furono per effimeri. Nei suoi ultimi giorni, dopo aver sostenuto con grande abilit anche il ruolo di donna di corte, conobbe la povert e fu costretta a vendere i suoi dipinti a basso prezzo. Inoltre quel suo passato oscuro, difficile da gestire, e la fama di donna licenziosa non labbandon mai. Nel 1663 usc a stampa, a Venezia, un volumetto di epitaffi satirici, Cimitero, Epitafij Giocosi di Giovan Francesco Loredano e Pietro Micheli; tra questi, due sono dedicati alla pittrice, presentata come donna di facili costumi, mentre al suo ruolo di artista qui come in molte delle successive biografie non si accennava che vagamente: Ne lintagliar le corna a mio marito / Lascia il pennello e presi lo scalpello. / Gentilesca de cori a chi vedermi / Poteva sempre fui nel cieco Mondo; / Hor che tra questi marmi mi nascondo, / Sono fatta Gentilesca de vermi. Artemisia venne dimenticata come pittrice, mentre divenne protagonista di una leggenda che, sola, le sopravvisse. Lartista era nata a Roma l8 luglio del 1593. Della madre, Prudenza Montone, si sa solo che mor quando la figlia aveva dodici anni. Il padre Orazio, pisano di nascita, si form alla scuola del fratellastro Aurelio Lomi, e molto giovane si trasfer a Roma, attratto dal fascino della grande citt pontificia. Primogenita di sei figli, Artemisia era lunica femmina, e questo rendeva assai improbabile che le venisse permesso di intraprendere la carriera artistica; ma sin da piccola si dimostr lunica, tra i figli di Orazio, a essere dotata di talento. In parte spinta da capacit naturali, in parte dalla curiosit per il lavoro del padre e il desiderio di imitarlo, Artemisia inizi prestissimo a cimentarsi nella pittura: gi allet di tre anni giocava con i colori di Orazio e posava per lui. In una lettera alla granduchessa di Toscana, Gentileschi affermava che sin dal 1609, quindi dallet di sedici anni, la figlia dipingeva con grande abilit. E se le parole del padre possono rappresentare un giudizio poco obiettivo, si possono ricordare quelle dellapprendista di Orazio, Niccol Bedino, che confermano come Artemisia dipingesse in maniera autonoma in casa Gentileschi: gi nel 1609 faceva esercizi di pittura ritraendo lamica e vicina di casa Tuzia insieme al figlio, e trasformandoli forse in una prima