2014 Giunti Editore S.p.A.
VITTORIO ED EMMA CORCOS TRA CARDUCCI E PASCOLI
Nel 1913 siamo nellanno inquieto, alla vigilia della Grande guerra che avrebbe travolta lepoca euforica della Belle poque di cui era uno dei protagonisti Vittorio Corcos consegnava alle Gallerie fiorentine lAutoritratto che gli era stato chiesto dal potente Corrado Ricci allora direttore generale nel Ministero della pubblica istruzione. Aveva guidato gli Uffizi dal 1904 al 1908 e ora intendeva ampliare la collezione degli autoritratti. Questa decisione incontr lostilit di Ugo Ojetti che non approvava linvito rivolto in quella occasione appunto a Corcos e a Filadelfo Simi. Forse non era daccordo per la presenza di questultimo, dati invece i rapporti sempre molto cordiali intrattenuti con il primo. Ne aveva anche scritto con favore in diverse occasioni e lo aveva addirittura intervistato nel 1907 sullIllustrazione Italiana. Era stato proprio Ojetti a notare come Corcos fosse stato solito trattare di s e della propria opera con la discrezione con cui ora si era rappresentato al di l di ogni intento autocelebrativo.
Per questo dipinto, che considerer tra i suoi pi riusciti, aveva preferito indossare il dimesso abito da lavoro, uno spolverino chiaro che diveniva invece oggetto di un brano efficace di pittura luminosa, fatta di veloci pennellate, stese di getto, in modo da creare un riuscito contrasto con il volto pi definito, dallo sguardo concentrato, rivolto a quel pubblico di cui aveva sempre cercato il consenso. Il ritrattista di successo, impegnato dalle corti e conteso dalla mondanit pi esclusiva, si presentava adesso, con ormai alle spalle una lunga e fortunata carriera, in unimmagine cordiale, quasi feriale dove appariva appagato nei suoi cinquantaquattro anni ben portati, con i gran baffi bianchi che arricciati col ferro, erano diventati biondi pel gran fumare. Cos lo ricorder nelle sue popolari Cose viste (1934) proprio Ojetti, colpito dal belluomo, lindo ed elegante, il volto ovale, il mento rotondo, la carnagione rosea, [] i capelli candidi, lisci e lucidi, la memoria sicura, le maniere squisite, senza pose dartista, lepigramma pronto quanto il complimento. La conclusione dellaffettuoso ritratto era che Corcos era fatto, come la sua pittura, per piacere.
Il pittore livornese era apparso altrettanto olimpico, ma fermato in unimmagine pi sfaccettata, nella penetrante e spiritosa istantanea che nel 1904 a firma Kodak gli aveva dedicato nel Marzocco la prestigiosa rivista di cui lui stesso era stato collaboratore il direttore e amico Angelo Orvieto. Con la testa bianca, aveva scritto un po inclinata da una parte, i baffi arditamente arricciati, atteggia la fisionomia ad un sorriso di soddisfazione, come se dinanzi ai suoi occhi carezzevoli passassero lunga e leggiadra teoria tutte le belle signore che egli ritrasse sulla tela. il pittore delle eleganze femminili, com luomo di tutte le eleganze. Sulla sua bonariet livornese il pariginismo ha disteso una vernice indelebile: una graziosa vernice di spirito e di scetticismo che diventata una corazza impenetrabile. E non c siluro di critica o dinvidia che sia riuscito a intaccarla. Cos pi incanutisce, pi si fa giovane. Da qualche anno in continui viaggi fra Roma, Firenze, Venezia e Milano: da per tutto trova le belle donne che vogliono diventare bellissime e quelle altre che, pi modeste per forza, si contentano di diventar belle. La sua tavolozza una miniera di felicit per le leggiadre creature e una miniera non simbolica per lui. Ma come se non gli bastasse dipingere dalla mattina alla sera, scrive, fa bozzetti e conferenze. un patriarca mondano. Patriarca per sentimento, mondano per professione. Nelle riunioni eleganti, nelle feste da ballo egli coglie e vigila i suoi soggetti sul campo della gloria. In famiglia, nella ristretta cerchia degli amici Vittorio Corcos rivela la sua indole e lossatura livornese si libera della corazza parigina.
Il pittore affermato non si rappresentato con in mano la tavolozza e i pennelli lasciati, invece, dentro un recipiente, davanti alla lampada a petrolio. Forse non una scelta casuale e la si potrebbe commentare con una sua frase celebre, riportata nel 1894 dallamico livornese Guido Menasci, fine letterato rimasto celebre come autore del libretto di Cavalleria rusticana di Mascagni, in un articolo che gli aveva dedicato nel Fanfulla della Domenica. Se fra lanima e la tela non ci fossero di mezzo quegli infami pennelli, aveva sospirato, a sostenere lui, artista spesso di straordinario, quasi eccessivo virtuosismo formale, linadeguatezza della tecnica rispetto alla complessit dellispirazione, del processo creativo. Come del resto si intravedeva nel citato ritratto di Orvieto, la sua era una personalit complessa e il suo successo, la sua qualit di ritrattista ma non solo capace di interpretare lo spirito di unepoca, di catturare le luci e le inquietudini fin de sicle, si doveva non solo al mestiere, ma anche e soprattutto allabilit nelle relazioni sociali, che lo misero al centro della mondanit nazionale e internazionale; alla non trascurabile attivit letteraria quale autore di racconti brevi la raccolta intitolata Mademoiselle Leprince nel 1901 venne recensita favorevolmente da Enrico Corradini; a quella di giornalista, collaboratore di Il Marzocco portavoce a Firenze dellestetismo dannunziano soprattutto negli anni in cui fu diretto dal fondatore, lo stesso Corradini, cui subentrer nel 1900 Angelo Orvieto; e non da ultimo a quella di brillante conferenziere.
Nella riuscita di queste sue aspirazioni mondane e letterarie ebbe un ruolo fondamentale la moglie che un ritratto verso il 1889 ci consegna era nata nel 1860 ancora nel pieno della giovent, della bellezza e di uneleganza che appare innata. Eppure, quando Corcos laveva sposata nel 1886, dopo essere rientrato a Livorno dal lungo soggiorno parigino iniziato nel 1879 o nel 1880, Emma Ciabatti era una vedova con gi tre figli e altrettanti ne avr dal secondo matrimonio. Un po come Leontine de Nittis, sar unabile conduttrice del salotto della bella casa di via Marsilio Ficino a Firenze, ma sapr anche gestire la numerosa famiglia, riuscendo addirittura a ritagliare del tempo da dedicare alla passione letteraria e a una eletta corrispondenza che la vide addirittura in fitto colloquio, dal 1897, con il prediletto Pascoli. Il poeta ammirava la signora, scrisse, di tanto spirito, di tanta finezza, di tanta profondit, di tanta cultura. Le dedic una delle sue liriche pi popolari, Lora di Barga, rivolgendosi allamica in questi termini: E pensi a me, ascoltando il suono de Lora di Barga, pensi a me la Donna Gentile Emma Corcos, la quale, forse consente con me che la poesia contemplazione. E si mise anche lei a comporre, a orecchio, nei ritagli di tempo (quando dormono tutti in casa, confess, scrivo di notte, perch di giorno non ho tempo), chiedendo poi il loro parere agli amici intellettuali che frequentavano la casa, personaggi come Enrico Nencioni, Carducci, DAnnunzio, Renato Fucini, Enrico Panzacchi, i citati Corradini e Orvieto, Pirandello e tanti altri.