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Marelli S. - Pezzi da 90

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    Pezzi da 90
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Pezzi da 90: summary, description and annotation

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Rubbettino: 2014. 169 p. ISBN: 8849840918.Luisito Monti, Omar Sivori, Roberto Baggio. Ma anche un arbitro, un poliziotto, un militare che distribuisce caff. Passando per uno sceicco, Don Diego Maradona e Bora Milutinovic. Questi, e molti altri ancora, sono i personaggi che popolano il libro. Attraverso i loro occhi, le loro parole, a volte le lacrime, pi spesso le incazzature, riviviamo la storia della Coppa del mondo di calcio. Dagli incontri con trecento spettatori presenti, alle dirette con centoventi telecamere e due miliardi di persone aggrappate allo schermo. Palloni che sotto la pioggia triplicavano di peso, e sfere perfette costituite da materiali scelti da un computer. Ma con traiettorie da umiliare un Super Tele. Furti, sviste, dittatori. Il Maracanazo e i gol di Fontaine. La punizione dal limite per il Brasile calciata da un difensore dello Zaire, evaso dalla barriera scattando come Jesse Owens. Tribune e spogliatoi. Ospedali e aeroplani. Storia e affabulazione si mescolano come vodka e succo darancia. Confessioni, dialoghi e ritratti di outsider e fuoriclasse. Per ricordarci com bello, ogni quattro anni, spararsi i Mondiali di pallone.

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Stefano Marelli

Pezzi da 90

Storie mondiali

Rubbettino

2014 - Rubbettino Editore
88049 Soveria Mannelli - Viale Rosario Rubbettino, 10
Tel. (0968) 6664201
www.rubbettino.it

Il calcio raccontato quello che ti fa credere, anche se sei nato nel '70, di aver visto giocare Alfredo Di Stefano.

Proprio alla Saeta Rubia, il pi grande di tutti, dedicato questo libro. Ci fosse stato un dio, non avrebbe mai permesso che Di Stefano non disputasse nemmeno un minuto ai Mondiali.

Marted non and allallenamento e nemmeno mercoled. Gioved, quando lo trovarono che camminava sui binari del treno, parlava da solo e lo seguiva un cane dalla coda mozzata.

Osvaldo Soriano,
Il rigore pi lungo del mondo

1. Uruguay 1930

Vi siete trovato bene, Monsieur, nel nostro Paese? stato un soggiorno gradevole?.

A chiedermelo il funzionario addetto allultimo controllo passaporti, gi a bordo. Io sono devastato da stanchezza, tensione, paura. E mezzo congelato. Il tassista mi ha raccolto a bordocampo, sudato, mentre cominciava a nevicare, e mi ha scarrozzato direttamente al porto. Indosso ancora la divisa: calzoni alla zuava, giacchetta a quattro tasche, cravatta. Ho solo cambiato le scarpe, giusto per non attraversare la passerella sui tacchetti da football.

Per rispondere in modo sincero, ci vorrebbero dieci minuti. Troppi. Voglio solo chiudermi in cabina e farmi portare un brodino. Cos taglio corto: Impeccabilmente. Delizioso. Racconter soltanto a voi come ho trascorso questi ultimi ventisei giorni.

Insieme alla nazionale romena, ai francesi e ai brasiliani, sono sbarcato a Montevideo il 4 luglio. Siamo qui per il primo Campionato del mondo di calcio. Sulla stessa nave ha viaggiato anche la Coppa, chiusa in cassaforte.

Quando inizia il torneo, lo Stadio del Centenario non ancora completato. Cos, i primi incontri si disputano al Parque Central e nel minuscolo campo di Pocitos, dove per lattesissimo Romania-Per accorrono ben trecento spettatori.

Assisto ad Argentina-Francia e vedo il mio collega brasiliano Almeida Rego fischiare la fine del match all84, mentre il francese Langiller sinvola verso la porta sudamericana. Poteva essere il gol dell1-1. La delegazione francese minaccia di tornarsene subito a casa. Rego ci ripensa e fa disputare gli ultimi sei minuti, ma ormai la frittata fatta. Cominciamo bene.

Io e i padroni di casa debuttiamo il 18 luglio, esattamente 100 anni dopo il giuramento sulla prima Costituzione uruguagia. E per loccasione magia il Centenario finalmente pronto. Francia e Messico hanno gi giocato due partite, mentre la Celeste deve ancora esordire: non sembra troppo onesto, ma cos stanno le cose. Uruguay-Per termina 1-0, protocollo rispettato e tutti contenti.

Il giorno seguente mi accomodo in tribuna per Argentina-Messico e scopro che a dirigere lincontro Ulises Saucedo, che di mestiere fa il CT della Bolivia, anchessa impegnata nel Mundial. Roba da matti. Assegna cinque rigori, tre dei quali piuttosto dubbi, e uno solo viene trasformato. Ma il vero tocco di genio far battere tutti i penalty da almeno quattordici metri, ritenendo troppo ravvicinata la misura regolamentare. Mi chiedo cosa ci faccio in questo angolo di mondo e mi vergogno di avere chiesto un congedo di due mesi al governatore di Anversa, del quale sono capo di gabinetto. Mi consolo pensando che i lettori di Kicker, testata tedesca per la quale scriver corrispondenze dalla Coppa del Mondo, potranno farsi grasse risate.

La mia seconda designazione Argentina-Cile, da sempre uniti da un proverbiale amore fraterno. Oltretutto, il match decisivo: chi vince va in semifinale. I capoccioni della FIFA mi dicono: abbiamo scelto te perch, col tuo metroenovantatr di altezza, i giocatori forse non oseranno metterti le mani addosso. Un intervento energico di Monti su Torres scatena la bagarre. Calci, pugni e sputi. In campo e sugli spalti. Ma, con laiuto della polizia a cavallo, riesco a portare a termine lincontro senza comminare nemmeno unespulsione. Vince lArgentina 3-1.

Torno in campo per la prima semifinale. LArgentina affronta gli USA, nella cui rosa ci sono un sacco di inglesi. Mi aspetto una gara equilibrata, invece i sudamericani vincono facile. Il terreno allagato, il pallone non rimbalza. Dopo 10, unentrata in scivolata di Monti (ancora lui!) spezza una gamba a Tracey, che resta in campo eroicamente fino al 45. Gli Stati Uniti giocano in dieci il resto della partita e perdono 6-1. Il medico USA, scontento di una mia decisione, mi scaglia addosso la borsa dei medicinali. Decine di boccette in frantumi, arbitro e giocatori strafatti di cloroformio.

Il mio Mondiale finito, cos me ne vado a Buenos Aires per qualche giorno di vacanza. Una sera, per, ricevo in albergo una telefonata di Jules Rimet, che mi ordina di attraversare di nuovo il Rio de La Plata. La finale in programma due giorni dopo e nessuno dei miei colleghi vuole dirigerla. Neanche quel mattacchione del CT boliviano. Troppa paura. Uruguay-Argentina sar una guerra. E dunque pu scapparci il morto, pocheballe. Penso col cavolo, invece rispondo arrivo, presidente. I francesi non hanno sempre torto, quando dicono che noi belgi siamo coglioni.

La vigilia un inferno, sotto il mio albergo vedo strani assembramenti. Chiedo e ottengo una scorta armata. Nemmeno le finaliste se la passano bene. I giocatori vengono menati e minacciati di morte dai tifosi avversari. Almeno quindicimila argentini hanno invaso Montevideo, poco importa se non hanno il biglietto.

La mattina del 30 luglio, i cancelli del Centenario aprono alle 8, a mezzogiorno gli spalti sono gremiti e al fischio dinizio mancano ancora quattro ore. Mi presento sotto la tribuna Colombes e vengo arrestato, roba da chiodi. Chiarita la faccenda, mi spiegano che, prima di me, gi tredici furboni si sono spacciati per larbitro, giusto per entrare gratis. Raggiungo Rimet e pongo le mie condizioni: voglio una cabina sulla prima nave in partenza dopo la finale e una milionaria assicurazione sulla vita. E faccio bene, perch durante le perquisizioni ai tifosi vengono requisite centinaia di armi da fuoco. Maledico il giorno in cui decisi di infilarmi in bocca quel cavolo di fischietto. Avrei dovuto rinunciare dopo il primo test fallito, quando mi chiesero come avrei dovuto comportarmi se il pallone avesse colpito un aereo che volasse molto basso(!) e non seppi rispondere. Invece diedi lesame di nuovo e finalmente divenni arbitro, accidenti a me.

La finale comincia male. Anzi, non inizia proprio. Perch gli argentini rifiutano di giocare con un pallone uruguayano. E i padroni di casa non accettano di usarne uno portato dagli ospiti. I novantatremila sugli spalti attaccano una cagnara infernale. Bisogna decidere in fretta. Lo faccio io, alla maniera di Salomone: primo tempo con la palla argentina, ripresa con quella uruguagia (che pesa il doppio).

Al 37, Guillermo Stabile porta il vantaggio gli ospiti (2-1). Scoppia il pandemonio. Giocatori e dirigenti delle Celeste mi chiudono nella tonnara. Era fuorigioco, pretendono. Potrei annullare, del resto durante il torneo se sono viste di tutti i colori. Ma proprio non ce la faccio. Agisco secondo coscienza e convalido. E cos ho la certezza che morir a Montevideo, a trentanove anni da compiere, sotto un cielo di neve che mi assicurano a queste latitudini non s mai visto. Per fortuna, per, nella ripresa lUruguay ribalta la situazione (4-2) e la mia condanna a morte, per il momento, rimandata.

Ed ora eccomi qua, nella mia cabina a bordo del Duilio, pronto a salpare per lEuropa. Sento bussare, scusatemi. Sar il cameriere col mio brodino. Lasciatemelo godere in pace. Ad ogni modo, viste le premesse, scommetto che sta faccenda della Coppa del Mondo avr vita breve. A nessun pazzo verr mai in mente di provare a organizzarne unaltra.

Sopravvissuto, John Langenus

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